Dopo ventotto ore di viaggio, eccoci a Tokyo.
Entrare di notte in questo gigante di cemento, asfalto e luci, ti fa percepire piccolo. I contorni dei palazzi si perdono nell’oscurità e ti senti sovrastato da una città che sembra non avere fine.
La brezza è una calda carezza che sa di mare e automobili. Sembra di passeggiare al sud, da noi.
Ma da noi, d’estate, a un certo punto i paesi meta di vacanza finiscono e si torna indietro, passando infinite volte di fronte alla stessa gelateria, allo stesso bar, alle stesse persone. Qui no.
Così ci è successo che il nostro albergo sia circondato da una lunghissima serie di palazzi. Una zona molto tranquilla. Troppo, se sono le 23, hai fame e non trovi niente.
Locali dal nome esoticamente (per i giapponesi, che adorano l’Italia) inquietante (per noi), si affacciano a piazzette in cui si attardano clienti, chiacchierando in questa notte di mezza estate. Ma né la trattoria “Tanto domani” né una sorta di Starbuck giapponese sono aperti.
Certo, siamo nella seconda capitale al mondo per densità e vastità. Ma siamo stanchi e come prima serata ci eravamo immaginati qualcosa di diverso, di più emozionante. Se possibile, anche di romantico, perché no.
Ah, le aspettative… Come è difficile gestirle!
Quindi, nel cuore del mezzo di nulla (e a notte fonda), ecco spuntare un piccolo “konbini”, un convenience store, dove con poco meno dell’equivalente di 10 euro, prendiamo degli ottimi onigiri al tonno, al salmone, un po’ di pollo alla griglia, un dolcino e degli improbabili snack salati.
Ecco arrangiata la cena a suo modo romantica con quanto di più tradizionale della cucina locale, offerto per tramite di uno degli ultimi baluardi della globalizzazione nel commercio.
Una catena americana permette a noi di cenare nel cuore di Tokyo, con prodotti tipici.
A noi, che abbiamo dedicato ventotto ore di viaggio per essere qui, perché dal Giappone è finita in un angolo del nordovest italiano, quella scintilla che ci ha fatto innamorare di una disciplina, di una lingua e di una cultura così lontane.
E il mondo si fa improvvisamente piccolo, troppo piccolo per pensare di perdere tempo per frammentarlo sempre di più, anziché viverlo nel pieno godimento di ciò che di buono e bello ha da offrire a tutti.
Anche a noi in un remoto konbini giapponese.